L’evento Metal Hub “Crisis Management” è già un patto per l’uscita dalla guerra
Di Giancarlo Calciolari
L’evento di Metal Hub, “Crisis Management”, tenutosi in Friuli il 28 e il 30 marzo scorso, è già un patto per l’uscita dalla guerra.
È già una “stroke unit”: una non accettazione del colpo di guerra, della “operazione speciale”, della “soluzione finale”. Più il team spinge nella direzione imprenditoriale civile e più il partito di spirito (burocrati partitici e burocrati giuridici) sono disarmati.
Gli intellettuali oggi non sono i filosofi, i politologi, i giornalisti: sono gli imprenditori. La scena intellettuale non è quella dei talk show e nemmeno quella delle “facoltà” universitarie, che non riescono a arrestare la fuga di cervelli.
Gli indici della direzione intellettuale del pianeta sono sfuggiti agli intellettuali oggi solo “cosiddetti”. Al posto delle baruffe fra chi ha troppi polli e chi ha pochi polli, si è tenuto un team di lavoro che è già il proseguimento, che non accetta di aspettare che passi la mitica nuttata.
Non c’è contesa e attesa per adattare i fondali dei porti. Occorre intervenire e inventarsi nuove interlocuzioni con la politica per l’efficacia immediata. Ci saranno nuove vie terra e mare da incrementare e da inventare, altri team fra porti, senza che nulla cancelli l’indipendenza di ciascun porto. I dettagli geopolitici e la loro posta in gioco si trovano nell’articolo di Federico Piazza, qui su Art Valley.
Francesca Bruni, presidente di Art Valley, ha parlato dell’«era del nuovo capitalismo politico: “le aziende non possono permettersi ‘carenze’ nel pensiero politico, dato che le istanze socio-politiche investono, come adesso con questa guerra, anche le strategie e le decisioni di acquisto e fornitura, ad esempio, delle materie prime. Anche i mercati sono costruiti politicamente, quindi le strategie sulle supply chain devono considerare le problematiche poste dalla politica”. È il capitalismo intellettuale, che non ha nessun tabù dei soldi, quali indici dell’infinito pragmatico.
L’imprenditore è il capitano di Machiavelli: regista, stratega, inventore, narratore, combattente, teorico, pragmatico. Fra le punte della teoria degli intervenienti abbiamo colto quella di Fabio Zanardi, presidente e amministratore delegato della veronese Fonderie Zanardi: «non c’era un piano B». Non c’è mai l’alternativa alla decisione che è già in atto: occorre intervenire. Nessuno si è chiesto: “che fare?”. Ciascuno analizzava gli eventi e proponeva nuove vie per la riuscita. L’imprenditore è seguace del tempo, non della sua immobilizzazione.
Sì, la lettura dei classici: il teatro, la commedia, la filosofia, la teologia, la matematica, l’astrofisica, la storia, l’antropologia, la sociologia, il diritto, la politologia, il discorso tecno-scientifico manageriale, gli algoritmi, i big data, i blockchain e le criptovalute. Sì, irrinunciabile la danza, la musica, lo sport, la letteratura, la poesia: appunto, il “fare” è nella sua costellazione linguistica.
Ciascun cittadino è imprenditore della cittadinanza. Sorge qui anche la non accettazione ucraina dell’invasione, che si mostra sempre più genocidio. La testimonianza in video collegamento di Enver Tskitishvili, direttore della storica acciaieria Azovostal del Gruppo Metinvest a Mariupol, che ha dovuto bloccare la produzione, è stata una diga assoluta di fronte all’ondata grigia di fake news.
Nuove vie delle merci, la questione della logistica e dei nuovi mezzi di trasporto, l’ampliamento dei porti sono scommesse e programmi in atto che non si possono risolvere con “filosofia”.
Occorre anche ampliare le biblioteche, altroché blindare sezioni intere, come ha fatto il nazismo bollandole come “ebraiche”. Occorrono i testi, i video, gli interventi, i libri degli imprenditori.
Non basta più l’accoppiata imprenditore e giornalista con la scusa che l’imprenditore non ha mai tempo. Sempre più occorrono laboratori redazionali perché la precisione e la specificazione linguistiche sono le stesse dell’impresa.
Senza la narrazione, senza il romanzo dell’impresa, anche i migliori manager girano in tondo e credono ai cicli dell’impresa. Ma già il tempo non è quello ciclico di chi crede nell’origine e non è il tempo lineare di chi crede nella fine. Il tempo è lo squarcio in cui s’instaura l’impresa e giunge alla soddisfazione assoluta.
La direzione imprenditoriale civile è la direzione del pianeta che non ha più da oscillare fra l’implosione e l’esplosione. I dittatori non sono mai imprenditori, anche quando lo sembrano: i despoti, i tiranni e i vampiri sono distruttori, devastatori e annientatori.