Secondo Eurofer, l’industria dell’acciaio europea deve investire nell’idrogeno verde

Apr 4, 2024

Axel Eggert, direttore generale di Eurofer, è certo che la sostenibilità ambientale ed economica della siderurgia europea passa anche attraverso l’idrogeno da elettrolisi con fonti rinnovabili. Ma gli obiettivi UE sull’H2 green per il 2030 sono irrealistici

Di Federico Piazza

 

Avanti tutta con l’idrogeno verde per produrre acciaio europeo decarbonizzato a costi abbordabili sul mercato. Lo sostiene Axel Eggert, il direttore generale di Eurofer, l’associazione dei produttori siderurgici europei, che ha parlato di idrogeno alla vigilia della sua partecipazione al convegno “Country of Metals” organizzato da Mill’s per il 12 aprile all’IIS Benedetto Castelli di Brescia sul tema del fabbisogno di tecnici industriali nelle filiere metallurgiche e sulle opportunità di lavoro e di carriera per i giovani nel campo dell’innovazione tecnologica e dei materiali metallici.

Eggert rimarca che si sbagliano coloro che considerano l’Europa come un’area poco adatta alla produzione di idrogeno verde. «In certe zone ci sono le migliori condizioni a livello globale, con infrastrutture esistenti per il gas naturale tra le più sofisticate al mondo, da adeguare all’idrogeno. Inoltre in Europa abbiamo capacità ingegneristiche, forza lavoro competente, abbondanza di sole, vento e acqua cioè le fonti rinnovabili con cui generare l’elettricità necessaria ai processi di elettrolisi per produrre idrogeno green. Ma occorre essere rapidi, velocizzare i tempi per avere infrastrutture adeguate, ridurre i tempi delle autorizzazioni in maniera significativa. E ovviamente affrontare il nodo dei costi».

L’idrogeno verde servirebbe primariamente come vettore energetico alternativo ai carburanti fossili per i trasporti e per i settori industriali “hard-to-abate” ad elevata intensità di emissioni carboniche che impiegano calore ad alta temperatura. Come la ceramica, il vetro, e appunto l’acciaio. Settore, quello della siderurgia europea, che ha l’obiettivo di ridurre le sue emissioni carboniche di un altro terzo nel 2030 rispetto ai livelli del 2008.

Ma oggi l’idrogeno verde rappresenta solo l’1% della produzione globale di idrogeno. E si registrano forti ritardi dei progetti in quasi tutto il mondo, compresa l’Europa. Il report Renewables 2023 della IEA — International Energy Agency ne ha tagliato del 35% le stime di crescita mondiale. «I target del RePowerUe sull’idrogeno verde, cioè produrne dieci milioni di tonnellate nell’Unione europea e importarne altri dieci milioni entro il 2030 così da arrivare a una quota del 42% sul totale utilizzato a livello continentale, sono troppo ambiziosi», dichiara Eggert.

I costi di produzione dell’idrogeno verde sono del resto ancora fuori mercato. Eggert osserva che in Europa si aggirano sugli 11 euro al Kg, ma per essere competitivi serve un prezzo intorno ai 2 euro al Kg. Pesa moltissimo il costo dell’energia. «I prezzi scenderanno quando avremo sufficiente offerta in Europa. Finché la domanda di energia sarà più alta dell’offerta, i prezzi saranno alti. Quindi occorre lavorare con urgenza sulle nostre infrastrutture energetiche. Non mi baserei troppo nel futuro sull’importazione di energia da fonti rinnovabili, dobbiamo produrla qui».

Però qualcosa nella direzione dell’idrogeno verde economicamente sostenibile sembra muoversi. L’Unione europea ha infatti lanciato a novembre 2023 la prima asta con prezzo massimo di 4,50 euro al Kg per progetti da avviare entro i prossimi cinque anni e sovvenzionabili attraverso la European Hydrogen Bank a copertura della differenza rispetto ai prezzi accettati dal mercato. A febbraio 2024 l’asta si è chiusa con 132 progetti presentati da 17 paesi europei, per una capacità totale di 8,5 GWe di elettrolizzatori e un valore complessivo del supporto finanziario richiesto superiore al budget iniziale di 800 milioni di euro messo a disposizione dall’Innovation Fund Ue.

Secondo i dati della Commissione europea, in dieci anni gli impianti dei progetti in questione potrebbero produrre 8,8 milioni di tonnellate di idrogeno verde, pari a circa il 10% dell’obiettivo annuale di produzione interna fissato dal RePowerEU. Ed è notizia recente che il gruppo siderurgico tedesco Stahl-Holding-Saar ha bandito una gara per trovare fornitori locali per almeno 50mila tonnellate l’anno necessarie al suo progetto di decarbonizzazione della produzione di acciaio. Nel mix energetico per la siderurgia deve comunque rimanere anche il gas naturale, in combinazione con l’idrogeno.

«Nei prossimi dieci anni per essere competitivi – osserva Eggert – serve gas naturale per la transizione con miscele gas/idrogeno, soprattutto negli impianti dove oggi si usa carbone coke. Abbiamo le competenze per fare questo, che ridurrà il costo della transizione. Nel medio termine occorre anche utilizzare idrogeno nelle piattaforme elettro siderurgiche esistenti, che oggi producono soprattutto lunghi, così come per i processi di riscaldo (re-heating)».

Nell’ambito delle tecnologie elettro siderurgiche per la produzione di pre-ridotto funzionanti con una miscela di idrogeno e gas naturale c’è per esempio Energiron DRI, sviluppata da Danieli e Tenova, su cui si basa il progetto dell’impianto Hydra del Centro Sviluppo Materiali di Castel Romano, finanziato dall’Ue, che potrà essere utilizzato per attività di test da parte dei produttori di acciaio europei.

E sempre in Italia, tra le iniziative per lo sviluppo dell’idrogeno verde per l’acciaio si segnalano la NAHV (North Adriatic Hydrogen Valley) link a https://artvalley.org/focus/la-slovenia-al-centro-della-valle-dellidrogeno-dellalto-adriatico/ con Slovenia e Croazia e fondi PNRR e Horizon, a cui partecipano importanti operatori friulani dell’acciaio (Cimolai, Danieli, Pittini). E sempre con fondi PNRR, ci sono l’Hydrogen Valley in Sicilia capitanata dal Gruppo Duferco e il progetto Green Hydrogen di Acciaierie Cogne Acciai Speciali in Valle d’Aosta.

 

 

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