Dalle Leggi di Newton all’Intelligenza Artificiale

Apr 8, 2024

Il racconto di un’ideologia attraverso la storia, la tecnologia e la filosofia della scienza

Di Giancarlo Calciolari

 

Dalla meccanica classica e quantistica all’emergere dell’intelligenza artificiale

Quella che viene chiamata impropriamente intelligenza artificiale consiste in una combinazione tra archivi giganteschi e una manciata di algoritmi.

Prima c’era una manciata di assiomi e poche regole di applicazione, prima era la meccanica classica, poi è stato l’avvento della meccanica quantistica. In breve: la meccanica classica più la nozione di probabilità, che porta con sé anche la questione della statistica.

Chi descrive questi assiomi? Newton, Galileo Galilei, chi descrive la teoria quantistica? Niels Bohr, Werner Heisenberg.

Oggi ci troviamo ancora in questa fase della ricerca, in cui gli elementi linguistici, chiamati spesso concetti, non sono analizzati, non sono letti, non sono restituiti in altra qualità, sono ritenuti uguali, identici a se stessi.

Nel caso di Newton gli assiomi non sono presi nell’analisi e restano inanalizzati più che inanalizzabili; e nel caso della meccanica quantistica non sono presi nell’analisi e non è quasi fatta la differenza tra il quanto e il quale. Non c’è l’analisi della probabilità: è data per identica a sé, per scontata, eppure nulla è scontato nella lingua.

Chi Scrive gli Algoritmi? La mancanza di indagine negli elementi linguistici utilizzati dall’Intelligenza Artificiale 

Ora, si è avviata una grande, se non gigantesca, promozione della questione della cosiddetta intelligenza artificiale che va con la sua esplorazione, con la sua vendita, con il suo business, che come ciascun altro business è degno, ma non è esplorata nella sua presunta struttura, struttura ontologica, struttura, tra l’altro, aveologica. L’essere e l’avere sono le due facce della questione di spirito, quella degli pneumatici del sociale.

Gli algoritmi oggi, come per gli assiomi ieri: chi li scrive, come li scrive, che formazione hanno coloro che scrivono gli algoritmi? A che cosa risponde questo utensile chiamato intelligenza artificiale?

L’utensile non risponde a un’ideologia, anche se l’ideologia pare avere presa sull’utensile. L’ideologia è fatua e l’utensile è tale nella procedura per integrazione, che è la procedura intellettuale. Abbiamo così a disposizione poche note, pochi articoli, ma ricerche e archivi importantissimi, poiché questa è la struttura della rete, sono messi in rete e sono impiegabili per le ricerche e per i modi di questi algoritmi, quelle che sono chiamate banche dati, i database.

Ma anche qui la nozione di dato è inanalizzata. Non entrerò adesso in tale questione, ma intervengo rispetto all’archivio, accennando a qualcosa della sua presunta applicabilità.
È un’applicabilità che è un cerimoniale, che risponde alla dettatura degli algoritmi da parte degli scribi, la cui padronanza è fatua. Si tratta quindi di utensili e non di macchine influenzanti.

L’Archivio come strumento: l’importanza degli archivi nella ricerca di ciascuno 

Utilizziamo questi programmi per la scrittura, per le immagini, e quello che è disponibile oggi è appena sfiorato dall’analisi.
Che cos’è? È promosso dal sistema sociale chiuso, anche quando si chiama società aperta alla Popper è sempre il sistema. Il sistema di relazioni chiuso, vuoto e chiuso. Vuoto nella tana familiare, vuoto nella tribù, vuoto nella tribalità e nella famigliarità.

Che cos’è allora che è interessante rispetto al progetto e al programma? L’utensile, in questo caso l’archivio.

Abbiamo a disposizione un archivio immenso, è un super ipertesto se vogliamo, è un enorme ipertesto quello dei cosiddetti database. E allora l’archivio come laboratorio a disposizione della scrittura dell’esperienza è valido.

Ma non sono tanto gli algoritmi che lo impiegano a contare, ma il modo della ricerca nel conto e nel racconto di ciascuno. Anche gli algoritmi sono utensili nella parola, come il cucchiaio e la penna.

Utensili digitali e scrittura: gli strumenti digitali nella produzione artistica e intellettuale

Gli utensili digitali permettono a chi non ha esperienza nell’ambito della fotografia, del video, dei ritratti, degli scritti e di altre cose di produrre qualcosa di accettabile rispetto al fatto di non produrre un bel niente. Sembra una grande cosa, ma è senza la linguistica di chi scrive.

Recentemente, abbiamo cercato una parola e sulle quasi 10.000 pagine delle opere di Freud si evidenziano i passi dove questa interviene.

Questo è l’archivio, il lavoro d’archivio, che non è un lavoro da mano di scimmia, da cervello di scimmia, risponde all’esigenza della ricerca e dell’approdo linguistici in ciascun caso nell’esperienza originaria. E’ così che leggiamo vari testi, pur ritenendo di non disporre di molto tempo per leggere e fare ricerche particolarissime.

Un esempio intorno all’autorità: troviamo quell’autrice o quell’autore ha dedicato una lunga ricerca alla questione, e quindi l’aspetto dell’archivio nel suo libro è importantissimo.

E sono trecento questioni lasciate senza analisi. Saranno le nostre trecento pagine di analisi.

Era anche appena uscito, dopo 40 anni dalla morte, il piccolo libro sull’autorità di Alexandre Kojève e noi siamo andati a leggerlo e abbiamo trovato un altro archivio, anche di molte questioni senza analisi. Sì, in molti degli autori che noi leggiamo troviamo soprattutto la questione dell’archivio: sono i nostri archivisti.

Non solo Vladimir Bukovsky che ha scritto e pubblicato da Spirali Gli archivi segreti di Mosca. Non solo Jacques Derrida con Mal d’archivio. Se eseguissi una ricerca intorno alla questione dell’essere, dispongo di gran parte dell’archivio del fuoristrada dell’essere (promosso socialmente come l’autostrada dell’essere): Martin Heidegger. E c’è chi ha dedicato un libro alla nozione di soggetto in Jacques Lacan.

Nonostante la rete neuronale che ispira l’intelligenza digitale, l’utensile è acefalo.

Il cervello della poesia, dell’impresa, della politica, della sessualità, della guerra non è l’utensile, l’attrezzo, il bagaglio, l’arnese. Il modo della ricerca digitale è infinitamente breve: milioni e milioni di dati permettono di ottenere dei risultati che possono essere validi nell’ambito di un progetto, di un programma.

Nell’ambito della traduzione da voce a testo eravamo ancora ai programmi specializzati per coloro che hanno difficoltà linguistiche di varia natura, e quindi prima era questione di un insegnamento molto mirato intorno alla voce, alla struttura sintattica, a molti aspetti di chi lo impiega.

Ora si è giunti all’archivio che non è solo misurato su di te, ma è così smisuratamente grande che comprende magari anche chissà quanti altri casi di coloro che prima facevano riferimento a questi programmi e che non disponevano degli immensi database disponibili in rete.

Abbiamo per esempio che la trascrizione e anche la traduzione immediata in un centinaio di lingue è diventata rapidissima, ha risolto problemi enormi che fanno parte dell’insieme di questi programmi, come per esempio l’eliminazione di rumori eccetera, per cui anche registrazioni considerate prima intrascrivibili per difficoltà, voce bassa, rumori… richiedono pochi minuti con un risultato di alta qualità.

Con una manciata di euro si possono avere molte trascrizioni che concorrono con quelle di un dattilografo professionista. Certo, a ciascuno resta la redazione conclusiva del testo, senza nessuna concessione all’unilingua che informa l’utensile.

Come funziona? La trascrizione che interviene come una prima redazione del testo, non possiamo neanche chiamarla una redazione: è una trascrizione letterale del testo.

Abbiamo il brogliaccio e ne cominciamo la redazione. In questo modo l’archivio è entrato in gioco e non siamo diretti dall’archivio, il nostro lavoro non è diretto dagli algoritmi, anche gli algoritmi sono utensili nella nostra ricerca. Nella modalità della trascrizione, della trasmissione, della traduzione, spetta a noi la redazione.

Progetti che sembravano impossibili (come 475 registrazioni di mezzora d’analisi di un testo di 900 pagine), o che richiedono un enorme sforzo e anni di lavoro, sono alla nostra portata.

Abbiamo avuto anche chi ha spinto il sogno dell’algoritmo alla sua conclusione, piuttosto alla sua fine, e ha scritto il The Master Algorithm tradotto in italiano con libertà, come le parole in libertà, con l’Algoritmo definitivo. Sarebbe, imprevisto per l’autore, Pedro Domingos, l’algoritmo che rimpiazza la ricerca e l’approdo intellettuale per una condivisione di un sapere ormai consistente, completo, determinato, che ha il suo colmo nell’inconsistenza, nell’incompletezza, nell’indeterminazione.

L’utensile e l’ideologia: l’interazione tra strumenti digitali e ideologie prevalenti 

Tanto la scrittura logica assiomatica, quanto la scrittura probabilistica, statistica, sono dottrine misteriche, gnostiche, erotiche, orgasmiche.

Gli esperti dell’onda e delle particelle sono fra i nostri archivisti, che si confrontano e si paragonano tra di loro. Noi leggiamo questi confronti e questi paragoni. E mai ci sarà chi tra di loro avvierà l’analisi del confronto, l’analisi del paragone?

La nostra via, e anche la nostra linguistica, è che ciascun elemento entra nel viaggio. Ciascun elemento linguistico sta in un’enunciazione, in un enunciato, e questi enunciati, fra le costellazioni e le galassie, richiedono l’assiomatica e la teorematica, richiedono molto di più di una manciata di assiomi e una manciata di regole. Anche la regola richiede altra analisi, altra lettura e la restituzione in altra qualità.

Nella favola noi diciamo che i filosofi, i teologi, gli scienziati, gli esperti in varie discipline, sono i nostri archivisti.

L’analisi comincia dove la ricerca degli esperti si arena. Noi proseguiamo dove loro si fermano, anzi noi cominciamo dove loro si sono fermati, convinti di essere giunti a conclusioni importantissime.

Letti nei loro testi c’è chi lascia le porte aperte e non mura le finestre. Nessuno ha presa sulla parola, nessuno sconfigge la morte, nessuno padroneggia la vita. La presa del discorso ideale è fatua? La presa della parola è la parola che prende? Non è fatua. È la presa della vita. Noi non possiamo liberarci dalla vita; e non riescono coloro che sono convinti che il trucco sia morire la morte.

recent focus