La crescita economica delle Filippine e le affinità con l’Occidente

May 27, 2024

Oltre all’economia dei servizi business in outsourcing, c’è una crescente apertura agli investimenti in infrastrutture di trasporto, digitali e manifatturiere

Di Redazione

 

La trasformazione economica delle Filippine procede senza clamori e trae beneficio dalla politica americana, secondo un articolo dell’Economist del 23 aprile 2024. Mentre infatti le relazioni con la Cina sono pessime a causa di dispute sulla territorialità di tratti di mare, con gli Usa c’è invece un’elevata integrazione a livello di economia di servizi in outsourcing. Un tipo di relazioni economiche che potrebbero risentire meno di eventuali aumenti nei prossimi anni delle politiche protezionistiche.

Quel che è certo è che sui media occidentali si parla poco di quello che accade a Manila e nelle circa 8000 isole dell’Arcipelago filippino, di cui 2000 abitate da 120 milioni di persone.

Le Filippine fanno parte del cosiddetto Tiger Club Economies dell’area Asean, l’associazione delle nazioni del Sudest asiatico, assieme a Indonesia, Malesia, Thailandia e Vietnam. Dal 2019 il tasso di crescita del Pil si è aggirato intorno al 6%, con la sola eccezione del 2020 per l’impatto del Covid. Nel 2024 supererà i 400 miliardi di euro a prezzi correnti, con un Pil pro-capite di 4000 dollari.

La demografia aiuta lo sviluppo economico del paese. Le Filippine sono infatti una nazione giovane. Moltissimi cittadini sono in età lavorativa e il tasso di disoccupazione è sotto il 5%. Anche se le differenze economiche e sociali rimangono fortissime in una popolazione che è ancora molto distribuita nelle campagne (l’agricoltura rappresenta il 9% del Pil ma impiega ancora il 25% della forza lavoro). Notevole è anche il contributo dei due milioni di immigrati filippini che vivono all’estero: le loro rimesse valutarie nel 2022 hanno raggiunto il valore di 36 miliardi di dollari, il 9% del Pil annuale.

Oltre il 60% dell’economia è fatta dai servizi, con una particolare rilevanza del settore dei call center e più in generale delle attività di Business Process Outsourcing (BPO) rivolti ai mercati occidentali. In primis per multinazionali americane. Aiuta da questo punto di vista la maggior vicinanza culturale e linguistica delle Filippine all’Occidente (il cristianesimo è la religione di gran lunga più diffusa mentre l’inglese è di fatto la seconda lingua del paese). Ben 1,7 milioni di filippini lavorano in aziende di servizi in outsourcing, e si prevede i ricavi del settore a livello nazionale aumenteranno del 9% nel 2024 e arriveranno a un valore di quasi 40 miliardi di euro. Importante è anche il turismo, anche se non è ancora tornato ai livelli pre-Covid.

Notevole è stata anche l’espansione dell’industria, che oggi rappresenta il 30% del Pil, sebbene le Filippine nell’area Asean non raggiungano né il livello manifatturiero del Vietnam né quello del settore minerario e di prima trasformazione dei metalli dell’Indonesia. Il paese è comunque molto ricco di giacimenti, tra cui nichel e rame. E nella manifattura crescono i settori automotive, aerospaziale ed elettronica, con insediamenti di diverse multinazionali americane, europee e giapponesi. Buone le prospettive anche per l’agroindustriale.

Sono quindi più di uno i settori in cui si può pensare di investire nelle Filippine anche da parte di aziende europee. Anche se, al momento, rimangono importanti ostacoli di legge che limitano gli investitori esteri a non superare il 40% delle quote in molti settori. Che sono ancora più stringenti nell’agricoltura, dove la proprietà è molto frazionata a causa del limite legale di cinque ettari di terreni per agricoltore che non aiuta le economie di scala e l’efficienza delle fattorie.

Ambiziosi sono soprattutto i piani in corso di estensione e ammodernamento delle infrastrutture di trasporto e digitali, a partire dagli aeroporti, dalle strade e dai collegamenti tra le tante isole. Manila dovrebbe avere la prima linea di metropolitana sotterranea nel 2029. Il governo, che gestisce un debito pubblico che non supera il 60% del Pil, sta investendo molto sull’accesso alla banda larga internet, che è ancora molto disomogeneo, anche attraverso l’ipotesi di aprire di più il mercato alla concorrenza tra diversi operatori. Un mercato che attrae investimenti esteri. Nel frattempo ben il 70% dei filippini si sono registrati nel sistema di identità digitale nazionale, che dovrebbe facilitare commercio e servizi di pubblica amministrazione online.

La trasformazione del settore energetico è invece per ora modesta, con le fonti fossili che rimangono preponderanti.

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