La Polonia è il centro plastico dell’Europa

Jan 9, 2023

Domanda per automotive, elettrodomestici, mobili, packaging e costruzioni. Molti sono gli investimenti industriali esteri, anche italiani

Di Federico Piazza

 

La Polonia è il quarto mercato europeo per consumo di polimeri plastici, con una quota del 7,5%, producendo più plastica di tutti gli altri paesi centro-europei messi assieme. 

Secondo la piattaforma settoriale di informazioni e business Plastech, il valore della produzione polacca supera i 25 miliardi di euro, con più di 220mila addetti e 7000 imprese.


Oltre al packaging e alle costruzioni, trainante è la domanda di settori dove la Polonia è tra i primi produttori europei. L’automotive, l’arredamento e gli elettrodomestici. In particolare, l’industria del bianco polacca nel 2020 ha prodotto
30 milioni di elettrodomestici: di fatto una lavatrice, una lavastoviglie e un’asciugatrice su due in area Ue. 

Il settore genera ricavi per 7,2 miliardi di euro, impiega direttamente 31mila persone e 100mila nell’indotto (dati Polish Investment & Trade Agency).

La Polonia è anche un hub europeo della plastica. Non solo quindi per la domanda interna, ma anche per servire la manifattura industriale di altri Paesi dell’Europa centro-orientale.
Lo testimonia Sirmax, produttore italiano di compound termoplastici con due stabilimenti a Kutno, nodo logistico all’incrocio delle direttrici ferroviarie e stradali Varsavia-Berlino e Danzica-Vienna. «La Polonia è la base produttiva per i materiali plastici che i nostri clienti usano nei settori del bianco e automotive in Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania», spiega il direttore finanziario Roberto Pavin. «In 18 anni in Polonia abbiamo investito circa 50 milioni di euro, ne investiremo altri 15».

Nota Alessandro Minon, presidente di Finest, la finanziaria regionale per l’internazionalizzazione delle imprese del Nordest che sta supportando gli investimenti in Polonia di aziende come Sirmax, Polplastic e Arca: «La Polonia, prevalentemente nel settore plastica, da alcuni anni è salita alle prime posizioni tra i paesi di interesse delle nostre imprese, tanto che è la terza destinazione in termini di impegni della nostra finanziaria, dopo Romania e Serbia, per circa 12 milioni di euro di investimenti. Ritengo che la presenza italiana in Polonia continuerà a crescere nei prossimi anni, perché risponde al modello di business delle imprese che per prodotto, fornitori e clienti finali, si inseriscono nella catena del valore che gravita attorno alla Germania e riscontra grandi potenzialità per i settori tipici del nostro territorio come la meccanica e l’automotive».

La Bassa Slesia è una delle regioni polacche dove si concentrano le industrie del bianco e dell’automotive. E, di conseguenza, investimenti anche di aziende italiane della plastica. 

Entro la metà del 2023 sarà per esempio operativo il nuovo stabilimento di Polplastic nella Zona Economica Speciale (ZES). «La scelta di investire in Polonia, partendo con lo stampaggio e in prospettiva fra qualche anno anche la verniciatura, non è una delocalizzazione», precisa il direttore finanziario Pierpaolo Urbinati, «perché l’unità produttiva di Breslavia processerà gli ordini che non potrebbero essere lavorati in Veneto, in quanto i costi della logistica affosserebbero l’economicità di servire i mercati dell’Europa orientale esportando dall’Italia».

Polplastic opera in Polonia con la controllata Vega Polska, nata con l’acquisizione nel 2020 di un ramo d’azienda della società bolognese Vegaplast. Operazione in cui Finest partecipa con una quota del 25% nel capitale della newco polacca, sostenendo l’accesso al credito per l’investimento produttivo di Polplastic, che porterà fra l’altro a decuplicare gli addetti a oltre 50 unità. «La Polonia è il paese più avanti industrialmente in Europa centro-orientale, un’economia calda con un tasso di crescita sostenuto da anni, tant’è che l’elevato tasso d’inflazione polacco, a differenza di quello italiano, è determinato anche dalla vivacità della domanda interna», osserva Urbinati.

«Non essere in Polonia nel settore dell’auto e del bianco è come tarparsi le ali. È un paese con storia e cultura industriali, il livello delle imprese è alto, i collegamenti logistici sono in genere molto buoni, la regione di Breslavia nel sudovest ha in particolare ottime infrastrutture, l’amministrazione finanziaria è efficiente, e nelle ZES si possono ottenere anche contributi importanti se si fanno investimenti per creare lavoro». Mentre il costo del lavoro basso non è più un driver: «Anzi, ci sono settori dove la manodopera costa come in Italia, se non di più, e la ricerca del personale è complessa anche per la difficoltà di reperimento in un mercato del lavoro molto dinamico e con un tasso di disoccupazione tra i più bassi in Europa, anche se c’è comunque un importante serbatoio di personale ucraino». 


Spicca poi il caso di Arca, che di fatto con la controllata Arcapol in Polonia è l’unico produttore italiano di stampi a iniezione per le materie plastiche. Mercato che rappresenta oltre il 25% dei nove milioni di fatturato totale. Nella ZES di Breslavia sarà ultimata per l’estate 2023 la nuova sede produttiva di proprietà, un investimento da due milioni di euro. «Siamo giunti in Bassa Slesia nel 2007, seguendo un nostro cliente italiano che aveva bisogno del servizio di manutenzione stampi presso la sua sede. E abbiamo scoperto che in un paese che stava sperimentando una grande crescita industriale, in primis nella plastica, non c’erano aziende italiane che producevano stampi. Così abbiamo gradualmente iniziato a produrli, acquisendo nuovi clienti tra i molti stampatori locali di materie plastiche che lavorano per il bianco, l’automotive e altri settori», racconta Gian Enrico Artico, amministratore delegato di Arca. «Tuttora in Polonia non conosciamo altre aziende italiane che producono stampi, e del resto rare sono pure quelle di altri paesi: la maggior parte in questo segmento della filiera sono polacche». Il mercato è promettente: «La domanda di stampi in Polonia è forte, come era da noi negli anni 70 e 80, mentre oggi in Friuli produciamo stampi quasi solo per Austria, Germania e Francia».

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