La siderurgia italiana punta su capitale umano e digitalizzazione con un occhio al panorama internazionale

May 15, 2023

L’edizione 2023 di Made in Steel è stata l’occasione perfetta per discutere dei temi di attualità dell’acciaio

Di Valerio Ferraris

 

«­Bisogna fare narrazione e marketing del settore dell’acciaio spiegando ai giovani quanto può essere entusiasmante venire a lavorare da noi». Le parole pronunciate da Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, nel corso dell’Assemblea Generale 2023 della federazione riassumono alla perfezione il nodo cruciale attorno al quale ruota la siderurgia italiana.

L’edizione 2023 di Made in Steel, contesto nel quale si è tenuta l’Assemblea pubblica di Federacciai, ha fornito l’occasione per discutere delle sfide del futuro del settore. Dal 9 all’11 maggio, i padiglioni 22 e 24 di fieramilano Rho hanno ospitato ben 317 aziende, facendo segnare un netto aumento rispetto alle precedenti edizioni del 2019 e del 2021.

Il settore dell’acciaio è un’eccellenza italiana, da custodire e rafforzare sempre di più. Per farlo occorrono investimenti sul piano tecnologico, sociale, ma anche della comunicazione. Nell’immaginario collettivo è ancora troppo radicata l’immagine della siderurgia come un ambiente sporco e poco attraente, ignorando invece la profonda digitalizzazione che ha ormai pervaso il settore. Una dinamica che spesso scoraggia i giovani che si avvicinano a questo mondo, creando forti carenze numeriche soprattutto nella ricerca di personale per le posizioni più qualificate.

La crescente digitalizzazione richiede personale più qualificato e un ripensamento dei corsi di formazione

La digitalizzazione degli impianti italiani richiede uno standard di qualificazione sempre più elevato tra gli addetti ai lavori. Per operai, periti e ingegneri è diventata fondamentale l’organizzazione di percorsi di formazione interni alle aziende, spesso coadiuvate da Università e Istituti professionali.

A dire il vero questo processo è in atto già da diversi anni. In passato le aziende tendevano a organizzare esclusivamente corsi di sicurezza che, seppure fondamentali, non contribuivano ad aumentare la specializzazione del personale. Oggi invece stiamo assistendo a uno sviluppo sempre più prominente del settore della formazione.

La vasta maggioranza delle aziende nel settore siderurgico ha un piano formativo collaudato ed efficace. Ciò che ha accomunato le imprese in questo processo è stata l’assunzione della responsabilità di organizzare e gestire la preparazione dei propri dipendenti. Non si fa più affidamento a terzi, ma le aziende si sono via via strutturate internamente. Il modello principale è quello dell’Academy.

Le principali differenze tra aziende riguardano le modalità di fruizione dei corsi e la scelta degli argomenti da affrontare. Si contano ormai sulle dita di una mano le realtà che si limitano a offrire solamente corsi sulla sicurezza. Al contrario, la formazione del personale segue modelli sempre più fluidi, offrendo cicli di lezioni su argomenti ritenuti rilevanti a seconda delle necessità e degli sviluppi in ambito tecnologico.

Il periodo della pandemia globale di Covid-19 ha poi contribuito a migliorare la fruizione dei corsi. Alle tradizionali lezioni in presenza sono state affiancate modalità di tipo misto o addirittura on demand. Una prassi che va incontro alle esigenze dei dipendenti, liberi di fruire dei contenuti quando preferiscono, ma anche della fabbrica, permettendo di continuare regolarmente con la produzione senza dover rallentare.

L’importanza dell’acciaio italiano nel panorama internazionale

Investire sul capitale umano garantendo una formazione di alto livello è richiesto dagli standard nazionali nel mondo. L’Italia rappresenta infatti il secondo mercato siderurgico dell’Unione Europea per produzione di acciaio, consumo e occupazione dietro alla sola Germania. Un risultato dovuto alla grande attenzione del settore: si stima che oltre il 35 % degli investimenti sia rivolto al miglioramento delle performance ambientali e della sicurezza e salute sul luogo di lavoro. Con l’80 % di acciaio prodotto con il forno elettrico, l’Italia è il Paese più avanzato in Europa per quanto riguarda la decarbonizzazione.

Congiuntamente al virtuosismo ambientale, grazie al quale l’Italia si trova al primo posto per produzione di acciaio da forno elettrico ed efficienza energetica, non può essere però tralasciato l’aspetto concorrenziale delle imprese italiane. Per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità e competitività Antonio Gozzi ha indicato tre assi fondamentali: «Contenimento del costo dell’energia e il completamento dell’opera di decarbonizzazione; garanzie sull’approvvigionamento della materia prima con cui rifornire i forni elettrici; reclutamento di professionalità e interventi sul capitale umano».

Viene dunque posta l’attenzione sulla competitività italiana nel mercato dell’acciaio internazionale, dove agiscono attori in forte crescita, uno su tutti la Turchia. Le sue imprese, che hanno presenziato all’edizione 2023 di Made in Steel con una buona rappresentanza e alla presenza della Camera di Commercio, formano un settore siderurgico nazionale di tutto rispetto, non lontano dai numeri di Germania e Italia. Questo non deve essere però percepito come una minaccia, ma al contrario come uno stimolo per rafforzare ulteriormente la presenza italiana sui mercati internazionali.

La ricostruzione ucraina e il ruolo dell’Europa

Un’altra opportunità è rappresentata dal processo di ricostruzione ucraina che dovrà essere affrontato a guerra conclusa. L’Unione Europea non deve lasciarsi sfuggire l’opportunità di lavorare fianco a fianco con gli operatori ucraini, nell’ottica di una sempre maggiore integrazione economica. Naturalmente non è ancora possibile stabilire una data per l’inizio della ricostruzione, dal momento che il conflitto è ancora in corso e prevedere il suo termine sarebbe pura speculazione.

Facendo un salto temporale all’indietro, più precisamente a prima dell’inizio della guerra, l’Ucraina era tra i primi 10 Paesi al mondo per produzione ed esportazione di acciaio. Uno standard che è stato messo in discussione dall’invasione russa, che ha inevitabilmente rallentato la produzione, provocando indirettamente un forte danno economico all’intera Europa.

L’Italia è un mercato importante per l’Ucraina e viceversa. Presente a Made in Steel 2023, il Ceo di Metinvest, Yuriy Ryzhenkov, ha rilasciato un’intervista a Radio 24, nel corso della quale ha parlato delle difficoltà nel mantenere gli standard di produzione su livelli accettabili operando in un contesto problematico come quello bellico. Una circostanza problematica, ma che non deve spaventare.

Proprietaria di Azovstal e di vari impianti minerari e siderurgici in Ucraina e in Europa, Metinvest ha saputo riorganizzare la propria catena di produzione. Ed è proprio in un momento come questo, ma ancora di più nel futuro periodo della ricostruzione, che potrebbero aprirsi delle opportunità per le realtà italiane. Si pensi in primis all’approvvigionamento di rottami, utili per la produzione di acciaio green con emissioni di carbone molto inferiori rispetto al processo naturale.

L’importanza dell’acciaio per l’Ucraina

«L’acciaio è una delle attività principali di tutta l’economia ucraina, impiega 300.000 persone e nella prospettiva dell’accordo tra l’Europa e l’Ucraina sarà uno dei punti principali dell’integrazione economica», ha spiegato Ryzhenkov. «Nella nostra prospettiva puntiamo a un acciaio green, fatto con le tecnologie DRI, di produzione pulita, ambito nel quale l’Italia è leader mondiale».

La produzione industriale, seppur rallentata, si è dimostrata fondamentale per le sorti della guerra. «L’acciaio è un vero e proprio alleato perché produciamo diversi tipi di materiali tra cui i ripari per i soldati, i giubbotti antiproiettili e vari tipi di strumenti indispensabili per l’esercito».

Ma il ruolo dell’industria diventerà ancora più preminente nel corso della futura ricostruzione, che peraltro è già in via di pianificazione. «Stiamo partecipando a un grande progetto denominato “Mariupol Reborn”, all’interno del quale diverse istituzioni hanno unito le forze stilando un piano di ricostruzione che prevede un investimento iniziale da parte nostra di 16 milioni di euro».

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