Metal Hub “Crisis Management”

Mar 31, 2022

I principali player della metallurgia in Friuli, concentrati nell’hub di San Giorgio di Nogaro, sono alla ricerca di nuovi fornitori su scala globale

Di Maura Delle Case

 

I laminatoi di San Giorgio di Nogaro, nel giro di qualche mese, rischiano di trovarsi senza materia prima. Senza le bramme che ante conflitto in Ucraina provenivano dall’acciaieria Azovstal di Mariupol, fornitrice di 4 milioni di tonnellate di semilavorati, e che ora dovranno arrivare da molto più lontano. Con una serie di conseguenze importanti per i laminatoi, ma ancor prima per la logistica.

Tavolo di crisi

Una filiera i cui attori, ospiti di Civibank, si sono seduti attorno allo stesso tavolo, in occasione del secondo appuntamento con Metal Hub “Crisis Management”, rispondendo all’invito di Mill’s, ente organizzatore di progetti internazionali presieduto dal docente Alberto Cavicchiolo, mettendo a fuoco la situazione vissuta dalla metallurgia nell’hub di San Giorgio, i problemi di oggi e quelli del prossimo futuro.

A Cavicchiolo l’onere della sintesi: «Sta succedendo che le bramme, invece di arrivare dal Mar Nero in una settimana, dovranno arrivare dal Brasile o dalla Cina, impiegandone tre, Le navi, molto più grandi, dovranno essere tutte sbarcate a Monfalcone, il che creerà molto stress».

Sos materia prima

Le riserve di materia prima delle aziende che operano nel sangiorgino fortunatamente garantiscono ancora per qualche tempo la produzione, ma non sono infinite. Gli operatori guardano con preoccupazione a giugno, mese che viene vissuto alla stregua di una dead line. L’auspicio di tutti, accorato, è che il conflitto si risolva in breve, pur consci che la fine delle operazioni militari non equivarrà alla ripartenza delle acciaierie ucraine, che dovranno avere il tempo di rimettersi in piedi. Un tempo che Roberto Re, direttore di Metinvest Europe, ha stimato con ottimismo in 10 mesi.

Appello a Bruxelles

Nel frattempo una soluzione va cercata e trovata. Zeno d’Agostino, presidente dell’Autorità portuale dell’Adriatico orientale, ne indica una potenzialmente a portata di mano: «Nei porti italiani c’è forte presenza di acciaio non sdoganato. Anche a Venezia. Tenerlo così non ha nessun senso – ha denunciato all’indirizzo di Bruxelles – se non quello di far aumentare il costo della materia prima. Siamo a marzo e diciamo che l’Europa forse si muoverà a giugno, mentre Usa e Cina prendono decisioni giorno dopo giorno».

Nuovi fornitori

Tempo di aspettare i laminatoi non ne hanno e stanno tutti lavorando a diversi canali di approvvigionamento che come detto portano dritto al Brasile e alla Cina. «Le navi che arriveranno però saranno grosse, dovranno approdare a Monfalcone e questo – ha ribadito Re – potrebbe creare un problema logistico alla zona friulana già a partire da maggio».

Timori confermati da Marco Ferrone, presidente di Marcegaglia Palini e Bertoli spa: «La necessità di usare navi più grandi creerà non pochi problemi al nostro mercato, che è ancora estremamente vivace e chiede prodotto finito. Dovremo capire quale potrà essere il punto di rottura» ha detto precisando che a oggi lo stabilimento di San Giorgio, grazie a un’attenta politica di magazzino, sta continuando a lavorare.

Logistica in prima linea

Il tema trasporti chiama direttamente in causa la Fratelli Cosulich, principale operatore logistico partner di Metinvest e in generale dei laminatoi friulani. «Il nostro ruolo è farli vivere – ha detto il Ceo Augusto Cosulich – sentiamo una grande responsabilità perché senza materia prima Trametal, Tecnosider e Marcegaglia non possono lavorare».

Cosulich ha ricordato gli importanti investimenti realizzati in questi anni, comprese 4 navi che hanno consentito di togliere 30 mila camion l’anno da Monfalcone, ma anche i limiti del trasporto ferroviario e su gomma: il primo legato alle difficoltà di manovra allo scalo di Monfalcone porto, il secondo al fatto che non si trovano più autisti.

La via del mare resta dunque quella d’elezione, ma si scontra con l’annoso problema del basso pescaggio di porto Nogaro, profondo 5,5 metri, pochi per navi di una certa stazza. Navi che Cosulich si è detto pronto a costruire per realizzare, in futuro, un collegamento diretto tra Mariupol e San Giorgio, dragaggi (attesi da anni) permettendo: «Serve – ha rilanciato l’imprenditore triestino – che si arrivi a 7,5 metri di pescaggio e qui abbiamo bisogno dell’aiuto della Regione (che in apertura ha garantito, per bocca dell’assessore alle infrastrutture Graziano Pizzimenti, la massima attenzione)».

Dragaggi

Una richiesta, quella dei dragaggi, sposata in pieno dal sindaco di San Giorgio di Nogaro, Pietro Del Frate che ha invocato “scelte chiare”. «Parlare di trasporti – ha detto – significa anche parlare di tempi e costi. I dragaggi sono inevitabili. Il fondale non può restare a 5,50 metri». «Le autorizzazioni – ha rincarato la dose il presidente del Cosef, Claudio Gottardo – andrebbero sburocratizzate. Il dragaggio è essenziale e non dovrebbe nemmeno essere un episodio occasionale, ma sistematico».

In fondo alla filiera c’è la Cimolai, che i prodotti dei laminatoi li utilizza e che ieri, con il Ceo di Cimolai Technologies, Roberto Cimolai, ha denunciato a sua volta importanti difficoltà: «Non ci sono più le condizioni di fare lavori con questi costi. Possiamo solo sperare che la situazione si risolva. Qualche mese possiamo sopportarlo, ma a un certo punto non converrà più».

Il dramma di Mariupol

In apertura dell’incontro, il tavolo si è collegato con il direttore dell’acciaieria Azovstal di Mariupol che per descrivere la situazione della città portuale ucraina ha chiamato in causa la Stalingrado della Seconda guerra mondiale. «Oggi — ha denunciato – Mariupol è ridotta così».

Al di là del dramma umanitario, la guerra influenza pesantemente l’economia, non di meno fa la politica come ha sottolineato la co-promotrice di Metal Hub, Francesca Bruni che ha parlato del nuovo «capitalismo politico». «Le aziende – ha detto – non possono permettersi “carenze” nel pensiero politico, dato che le istanze socio-politiche investono, come adesso con questa guerra, anche le strategie e le decisioni di acquisto e fornitura ad esempio delle materie prime. Anche i mercati sono costruiti politicamente, quindi le strategie sulle supply chain devono considerare le problematiche poste dalla politica».

 

L’articolo completo su Nord Est Economia

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