L’Italia si posiziona al 15° posto come stock di investimenti diretti esteri negli USA, ma le imprese italiane cercano di ampliare la loro presenza nel settore commerciale, professionale, manifatturiero e energetico
Di Redazione
Gli Stati Uniti rappresentano la prima destinazione degli stock di investimenti diretti italiani all’estero. Circa 3500 imprese a partecipazione italiana operano stabilmente negli USA, principalmente nel settore commerciale (37,3%), seguito da attività professionali, scientifiche e tecniche (15%), manifattura (14,8%) e settore energetico (11,3%).
Tuttavia, l’Italia non è tra i principali paesi europei che investono negli USA: nel 2022 si posizionava al 15° posto con uno stock di 39,8 miliardi di dollari. E rappresenta ancora meno dell’1% del totale degli investimenti diretti esteri negli USA. Ma i flussi di investimenti sono in crescita: 5,4 miliardi di dollari nel 2022 (+68,8% rispetto al 2021).
È interessante notare che la maggior parte dei principali paesi investitori negli USA sono europei. I primi quindici come stock sono infatti, nell’ordine, Giappone, Regno Unito, Paesi Bassi, Germania, Lussemburgo, Svizzera, Francia, Irlanda, Australia, Isole caraibiche del Regno Unito, Svezia, Spagna, Corea del Sud, Belgio e Italia.
Gli investimenti industriali negli USA sono stati resi più attraenti dall’Inflation Reduction Act e dal Chips and Science Act, che offrono sussidi statali e agevolazioni fiscali. Inoltre, il costo dell’energia negli USA è più basso rispetto all’Europa, il che influisce sulla decisione di investire.
In particolare, si sta anche intensificando la presenza dell’industria tedesca in Nord America. Dal 2021, gli investimenti della Germania negli USA stanno crescendo molto più rapidamente rispetto a quelli in Cina. Nel 2023 (dati fDI Markets — Financial Times) il valore dei 185 progetti tedeschi annunciati negli USA (15,7 miliardi di dollari, 15% del totale degli investimenti diretti esteri annunciati) è stato pari a due volte e mezzo rispetto a quelli in Cina (5,9 miliardi).
Dei cinque principali progetti tedeschi annunciati nel 2023 negli USA, tre riguardano l’industria automobilistica e delle batterie (Volkswagen, Mercedes-Benz, ZF Friedrichshafen), uno riguarda le terre rare (e‑Vac Magnetics) e uno i semiconduttori (Merck KGaA).
Roberto Corciulo, presidente e amministratore delegato della società di consulenza per l’internazionalizzazione delle imprese IC&Partners, osserva che le aziende tedesche che stanno investendo negli Stati Uniti e in Canada sono in genere sufficientemente dimensionate. Pertanto, se i tedeschi stanno puntando sul Nord America in diversi settori, le imprese italiane, mediamente più piccole, dovrebbero cercare di collegarsi a queste filiere e fare accordi per diventare più forti insieme. Tuttavia, Corciulo evidenzia che oggi ci sono poche aziende in Italia e in Germania disposte a fare questo tipo di ragionamento win-win o semi-win per sostenere le filiere e rimanere competitive nei mercati internazionali.
Questo è un tema molto rilevante, soprattutto per le piccole e medie imprese italiane, che spesso hanno dimensioni limitate e mancano di una solida gestione aziendale. Queste imprese trovano difficoltà nell’investire in mercati lontani come gli Stati Uniti e, anche se ci sono offerte interessanti di incentivi e contributi, sussistono ancora diverse complicazioni da affrontare.
Ad esempio, aggiunge Corciulo, “ci sono vincoli sul trasferimento di personale tecnico dall’Italia, che è necessario per l’avviamento, la formazione del personale e la creazione di una struttura locale. Gli americani si aspettano che venga assunto personale locale, ma spesso le competenze richieste non sono facilmente reperibili. In sintesi, è importante che le imprese italiane si allineino alle strategie delle aziende tedesche e cerchino di collaborare per essere più competitive sul mercato. Tuttavia, ci sono ancora ostacoli da superare, soprattutto per le piccole imprese”.